testo e fotografie di Danilo De Marco
Scelgo un passo terribile da La guerra del Peloponneso di Tucidide. Nel 416 gli abitanti dell’isola di Melo, alleati di Sparta, si ribellarono agli ateniesi:
” … e per noi il cedere immediatamente ci priva di ogni speranza, mentre con l’agire c’è ancora qualche speranza di restare ritti in piedi… e insomma una nostra audacia non ci sembra del tutto infondata”.
La risposta fu dura: tutti gli uomini uccisi, le donne e i bambini ridotti in schiavitù. Prima della strage, agli abitanti di Melo che invocavano le ragioni della giustizia, gli ateniesi opposero le ragioni del potere: «La valutazione del diritto si pratica, nel ragionare umano, solo quando si è su una base di parità, mentre se vi è disparità di forze, i più forti esigono quanto più è possibile e i più deboli acconsentono». Uomini e dei devono dunque sottostare alla legge di natura che spinge chi ha il potere ad esercitarlo: «Questa legge non l’abbiamo stabilita noi né siamo stati noi i primi a valercene: l’abbiamo ricevuta che già c’era e a nostra volta la consegneremo a chi verrà dopo, e avrà valore eterno».
Un passo terribile e modernissimo: perché a richiamare il presunto “diritto di natura” dei forti a mangiarsi i deboli non sono i militaristi spartani, ma i democratici ateniesi; sono gli inventori e gli esportatori della democrazia. Ieri come oggi a ricordarci che invece servono nodi al fazzoletto, serve la capacità di individuare i fili portanti, come nelle ragnatele, e serve preservarli.
…
è la coda di un esercito in fuga
o la fronte dell’altro che
incalza
qui resistere significa esistere
Pierluigi Cappello
[le tre fotografie di De Marco ritraggono tre ex-resistenti greci, vale a dire, in ordine di apparizione, Katina Sifakaki, Vagelio Skevofilaka Rammou (“Amazzone”), e Manolis Glezos]
Questo è un articolo pubblicato su Nazione Indiana in: “i più forti esigono quanto più è possibile, e i più deboli acconsentono” (Tucidide)
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