fotografie di Danilo De Marco
Gent da la Grava (Spilumberc)
Li’ gravi’ a’ bévin
il sarègn da l’aga
tal Tilimìnt,
e ta li’ pièri strachi’
dal cjscjel
al duàr un altri timp.
Gent da la Grava
ingenoglada in Domo,
là che i arcs
a’ son ali’ di ànzai granc’
e i sans flurîs in coru
intôr l’altâr
a’ vèglin
tuna lûs verda di aga.
Gente della Grava (Spilimbergo). Le ghiaie bevono / il sereno dell’acqua / nel Tagliamento,/ e nelle pietre stanche / del castello / dorme un altro tempo./ Gente della Grava,/ inginocchiata in Duomo,/ dove gli archi / sono ali grandi d’angelo / e i santi fioriti in coro / intorno all’altare, / vegliano / in una luce verde d’acqua.
Gust da essi viva
Gust da essi viva
ta la di
ch’a discròsa
li’ ali’.
La calìga
’a si distrût
Sblancjada
avuâl dai prâs.
Gust da essi viva
pa la strada
ch’a mèna a Messa,
sot i lens,
pa li’ ombrèni’
bagnàdi’ di lusóur.
Gusto d’essere viva. Gusto d’essere viva / nel giorno / che scioglie le ali. / La bruma / si dissolve /sbiancata / sul profilo dei prati. / Gusto d’essere viva / sulla strada / che porta a messa, /sotto gli alberi, /fra le ombre / intrise di luce.
Scunfindi il nuja
Polvara nȏ
Polvara nȏ
ta la spera di clâr
ch’a s’impìa
tra il nassi e il murî.
Polvara ch’a si distùda
o dome ch’a muda sît?
Scunfindi il nuja
Setu lusour inceât
tuna lagrima
ch’a la glòtin
i voi da la mari
in vegla sun vîs e muars?
Setu pirdût cun jè
tun jessi veir
ch’al mi scunfindi il nuja?
‘Na fissidura
Esel dome un di drenti,
par ch’j possi tignî
li ombri impiadi?
Lunc via ‘na fissidura da inglaviâsi
si brinche
un larc un prât un ceil,
dulà che inmò
la vita ‘a bulièi?
Scongiurare il nulla. Polvere noi. Polvere noi nel raggio di luce che si accende tra il nascere e il morire: polvere che si disperde o forse muta soltanto sito.
Scongiurare il nulla. Sei lume palpitante in una lacrima che trema negli occhi della madre in veglia sui vivi e i morti? Sei perso con lei in un essere vero che scongiuri per me il nulla?
Uno spiraglio. Posso appena dentro di me dare vita alle ombre? Al di là di uno spiraglio affaticante, si può carpire uno spazio un prato un cielo, dove ancora palpiti la vita?
Glana e gusela
Glana e gusela
a’ strapongin la lana bisa
o ch’a flurissin il vel di seda.
Al é il vivi:
un pont davour chel âtri
grop o recam
o ruda imbastidura.
‘A va e ‘a ven
la gusela ch’a ponta
su la mê tela
pi rara e lisimada.
Gugliate e ago. La gugliata e l’ago trapungono la lana bigia oppure fioriscono il velo di seta. È il vivere un punto dopo l’altro, nodo o ricamo o semplice imbastitura. Va e viene l’ago che cuce sulla mia tela più rada e consunta.
Strada da li’ Clausini’
Ta sti’ lavini’ il cour al é nassût,
tra il vert avâr e la Miduna sglónfa,
vivi’ li’ éti’ tal siò fons rimìt
come il timp inclapît in ta la cròda.
Strada batuda, lunc via li’ lavini’,
dal pas di un’ava vignuda nuvicia
da un borc secrét in poura sora i fluncs.
J’ vuei il siò ridi e ’na viesta da noci’!
Tra il vert avâr e la Miduna sglónfa.
Strada delle Clausini’. In queste lavine il cuore è nato, tra il verde avaro e la Meduna gonfia, vive le generazioni nel suo fondo solitario come il tempo impietrito nella croda. Strada percorsa, lungo le lavine, dal passo d’un’ava venuta sposa da un borgo remoto sospeso sulle voragini. Voglio il suo riso e una veste di nozze! tra il verde avaro e la Meduna gonfia.
Novella Cantarutti appartiene alla generazione che, alla fine della seconda guerra mondiale (1945) si dedicò all’uso della propria lingua, in poesia e prosa, e allo studio della vita tradizionale friulana, nella varietà e nella complessità dei suoi campi, dall’oralità al costume, alle consuetudini. Usa sempre la varietà del friulano occidentale che si parla a Navarons in Val Meduna e di quella zona (comprendente le convalli) illustra gli aspetti, senza trascurare contributi parziali riguardanti altre parti del Friuli, soprattutto la Carnia e, in particolare, Illegio (Tolmezzo).
I primi testi poetici della Cantarutti escono raccolti, nel 1952, e sono frutti dell’esperienza di un’autrice che condivide le esigenze innovatrici espresse sia da Pier Paolo Pasolini, nell’Academiuta di lenga furlana, sia da Giuseppe Marchetti, che la accostò al gruppo di poeti di Risultive da cui si tolse presto per il fermo proposito di mantenere la propria indipendenza anche nell’uso della sua singolare parlata.
Della poetessa sono in commercio “Cencia sensûr” (Olmis, 2008) e “Oh, ce gran biela vintura” (Leonardo, 2001). Il circolo del Menocchio ha edito “Omaggio a Novella Cantarutti – simpri ’a si lèa sempre ci unisce”, Quaderno Aperto, 2008
Questa è la terza tappa di un itinerario ideato da Danilo De Marco riguardante alcuni poeti friulani attuali non conosciuti dal grande pubblico, e cominciato con Federico Tavan e continuato con Ida Vallerugo (prima parte e seconda parte). Con il suo consueto modo di operare/fotografare, e di concepire la fotografia, De Marco ha ritratto questi autori, non tutti facili da avvicinare, solo dopo averne una conoscenza intima, e con una grande empatia, seppure non priva forse di qualche venatura ironica. GS