di Giacomo Sartori
In una foto
in una foto sulla neve
(sfondo di pareti
simili a pandori)
hai calzoni rastremati
di protosportiva
scarponi di pelle
fissi l’obiettivo
(certo tua figlia)
contenta dell’attimo
gli occhi sorridono
(poi scruteranno
da uno scranno
di disincanto)
ancora coerente
con te stessa
minuscolo sciatore
famelico di contatto
premo la spalla
sulla tua coscia
una tutina di panno
quasi d’aviatore
cincischio le manopole
canto o grido
il mio broncio
(labbrette protese)
pencolo il mio bisogno
la tempia sull’anca
del mio sostegno
per non concedermi
quello ch’anelo
il tuo braccio
fugge all’indietro
Dovresti andare in vacanza
dovresti andare in vacanza
lavori sempre
mi dicevi
fingendo d’ignorare
i miei impicci
certo non ottemperavo
ai costumi della casta
(la liturgia dei paramenti
e dei viaggi di piacere)
In un altro scatto
in un altro scatto
siamo seduti sulla sabbia
io davanti tu dietro
incollo la schiena
alla tua coscia
(se non mi sfiori
mi servo da solo)
assorto nel contatto
(noncuranza coatta
di cane)
sovrintendo il cantiere
di sabbia bagnata
il secchiello in una mano
(pugnetto volitivo)
nell’altra una paletta
troppo lunga
per un bimbo
così piccolo
pure tu scruti
lo stato dei lavori
la mano all’anca
(eviti la mia pelle)
sulla faccia nell’ombra
un sorriso lento
a vestire la noia
Devi sceglierti
devi sceglierti
un lavoro manuale
sono belli
i lavori manuali
(ci vogliono anche quelli)
il falegname
o l’imbianchino
oggigiorno guadagnano
più loro
o anche l’elettricista
il lattoniere
non c’è niente di male
dicevi
con guizzi delle guance
e magnanime
modulazioni
In un’altra ancora
in un’altra ancora
siamo seduti
fianco a fianco
su due sdraio
appena convergenti
compiti e un po’ annoiati
(una vecchia coppia)
fissiamo l’apparecchio
(sempre mia sorella?)
tu stretta nelle spalle
pacata e inquieta
come sempre
gli occhiali a farfalla
da attrice
il foulard annodato
sotto il mento
(filmico anch’esso)
la sottoveste che spunta
sotto la gonna
come una donnetta
(impronte neorealiste?)
io interessato
ma anche perplesso
coppola e gilet
da ometto
i piedi per aria
la bocca aperta
pronta a ricevere
il ghiacciolo
che stringo nel pugno
(checché accada
precedenza alla voluttà)
l’altra mano sul tuo bracciolo
a mendicare una pressione
(ancora e ancora)
Gli uccellini sono andati
gli uccellini sono andati
quest’estate non ci sono
dicevi
dove si sono cacciati
tutti gli uccelli
dimmi dove sono
in primavera c’erano
Quando sarò ricca
quando sarò ricca
mi comprerò
una decapottabile
e poi un brillante
grosso così
dicevi
Vado a ritirare
vado a ritirare
lo stipendio
dicevi
proprio non t’usciva
la parola pensione
mater (# 10) è un articlo pubblicato su Nazione Indiana.