di Giovanni Turi
Negli ultimi tre mesi, ogni volta che ho letto una recensione letteraria online o sulla stampa mi sono appuntato se il giudizio espresso fosse positivo, negativo o neutrale; questi gli esiti: 64 pollice recto, 11 pollice verso, 39 non classificabili. Eppure, considerando i libri che leggiamo, le proporzioni sarebbero a dir poco invertite, o sbaglio? Insomma, senza farla lunga, le recensioni sono sempre o fin troppo generose o piuttosto vaghe. Perché?
Certo c’è la tendenza a ritenere, sulla scorta delle classifiche di vendita, che i lettori non sappiano comunque distinguere le pietre preziose dalla paccottiglia e dunque non ci si sforza più di tanto di entrare nel merito dei testi, ma è solo uno dei tanti problemi.
Com’è noto, per quanto riguarda la carta stampata, coloro che dovrebbero essere i critici autorevoli quasi sempre collaborano con qualche editore: se si esprimono favorevolmente su un testo la cortesia gli verrà restituita (con un bel pezzo su un’opera che hanno scritto o curato o che comunque afferisce alla loro stessa scuderia), se lo sminuiscono dovranno aspettarsi un colpo basso; oltretutto devono dar conto di quel che scrivono alla testata su cui lo fanno – e i giornali appartengono quasi tutti in maniera più o meno diretta ai grandi gruppi editoriali. Altro discorso andrebbe fatto per coloro che vengono reclutati dai quotidiani magari perché autori di successo, condizione che non implica avere le necessarie competenze per giudicare opere altrui e dunque si limitano a esporne la trama, corredandola con due o tre considerazioni aperte a ogni interpretazione.
Insomma, sulla presunta critica ufficiale non si può fare affidamento e sui blogger, allora? Ancor meno. Tralasciamo coloro i cui “articoli” sarebbero imbarazzanti anche su un giornalino scolastico e concentriamoci sui recensori più o meno in grado di stabilire il valore di un’opera (al di là di quelli che possono essere i propri gusti) e di argomentare a riguardo con proposizioni di senso compiuto. Ebbene, anche costoro difficilmente stroncano un libro pur se pessimo o mediocre, tendono ad accentuarne gli aspetti originali e interessanti piuttosto che le debolezze, al massimo si astengono dallo scriverne. Tutto ciò per diverse ragioni:
- In molti casi, anche loro hanno un qualche rapporto con un editore (o ambiscono ad averlo).
- Se hanno richiesto alla casa editrice un’opera (o meglio ancora gli è stata spedita per iniziativa dell’ufficio stampa) e poi la denigrano, quando lo stesso marchio pubblicherà un volume di loro interesse gli toccherà comprarlo e, si sa, in tempo di crisi…
- Qualsiasi blogger ha tra i suoi obbiettivi primari quello di raggiungere un numero di lettori sempre più ampio e la maggior parte delle visite ai siti internet arriva tramite i social network: a condividere una stroncatura sarà presumibilmente soltanto lui (anche i sodali e coloro che ne apprezzano il giudizio al più si limiteranno a un like); una recensione positiva verrà invece per lo meno linkata anche sui profili social della casa editrice, che contano migliaia di followers, e – se in vita e al passo coi tempi – anche dall’autore del volume in oggetto e di conseguenza dai suoi fans.
- Tutti gli scrittori hanno le proprie conventicole, pronte a screditare-bannare-spammare chiunque osi mettere in discussione il valore assoluto della produzione del loro protetto e la realtà virtuale permette tempi e modi di reazione punitivi e immediati.
Detto questo, (a) sono condizionamenti che ovviamente subisco anch’io; (b) non voglio suggerire che sia inutile consultare le recensioni, occorre però farlo in maniera accorta e leggendo anche tra le righe; (c) il rinnovamento della vita culturale può venire solo da lettori sempre più curiosi ed esigenti (ai docenti appassionati, precari o meno, il compito di formarli).
(questo pezzo è stato postato da Turi sul suo blog “Vita da editor”, e con il suo consenso lo riprendiamo; certo di queste cose, e di tanti altri aspetti affini/correlati, se ne è parlato molto su NI, ma mi sembra pur sempre una sintesi lucida, equilibrata, onesta, e anche “scientifica”, della fisiologia della “critica” giornalistica e on line; GS)
Questo è un articolo pubblicato su Nazione Indiana in:
Perchè nessuno stronca i libri brutti?